Thursday, June 26, 2008

Io ccaaantoooo...

Io canto in macchina.
Non c'è un motivo preciso, lo faccio e basta, lo faccio perchè mi piace farlo.

Entro in macchina, mi metto la cintura, accendo il motore, accendo il lettore e parto. In tutti e due i sensi.

Ovviamente canto qualsiasi pezzo che la modalità casuale propone, giacchè sono una virtuosa in quest'arte.

Essendo autodidatta, tra l'altro con ottimi risultati, mi affido al mio orecchio, al mio istinto, senza preoccuparmi d'altro. Canto in macchina e basta.

A dire la verità sembro un po' il Tiziano Ferro di Mai dire Martedì, che dice parole a caso, però il più delle volte è intonato...

Comunque, urlare a squarcia gola in un inglese stentato e a volte proprio inventato non è un'attività considerata di pregio, di classe, insomma.
Per questo motivo, ho fissato una semplice regola che permette il massimo piacere con la minima perdita di spessore sociale.

E' mia convinzione che quando ci si ferma a un semaforo, e non si è i primi della fila, è opportuno abbassare il volume della radio e tacere. Il motivo è presto detto: quello davanti ti vede dallo specchietto. E se è l'uomo della tua vita? Se è il tuo allenatore che già ti considera una svampita? Potrebbe anche essere un perfetto sconosciuto, ma meglio non correre il rischio.

Anche perchè il cantare in macchina potrebbe essere allo stesso livello dello scaccolarsi in macchina, dello schiacciarsi i brufoli in macchina, dell'annuire o negare o comunque muovere la testa da soli in macchina e così via.

Conosco persone che se ne infischiano e cantano anche ferme al semaforo e con lo stereo al massimo, e le ammiro. Certo, almeno scegliere pezzi decenti invece di Roberto Vecchioni (Princess...), o gli N'sync (Cazzona...).

Non sono contraria ne a Vecchioni ne agli N'sync, magari però il buon gusto di interpretarli agli 80 in tangenziale, magari sarebbe apprezzato...

Comunque, qualsiasi sia la tecnica, qualsiasi sia il genere, mi batterò perchè tutti, nel mondo, nell'universo, possano dire senza vergogna: Sì, io cccaaaantooooo...

Friday, June 20, 2008

Second life. Or third, fourth, fifth...

In principio il primo user name, quello della prima casella di posta, è quanto di più prevedibile esista: soprannome e anno di nascita, o nome punto cognome, e viva l'originalità.

Poi, dopo un poco di pratica, serve lo user per Messenger. E vuoi essere banale e scontato ripetendo nome punto cognome? soprannome e anno di nascita? nnoonnoonnnoonnoooo.
Meglio cercare qualcosa di più caratterizzante, di più particolare...qualcosa tipo "verdisperanze", con l'ottima doppia lettura ma abbastanza fastidioso quando ci si scambia il contatto, visto che di caratterizzante non ha poi così tanto.

Poi arriva la necessità della seconda casella di posta, adibita ad account serio, che è quello che lasci al professore, quello che metti nel curriculum. Qui non c'è spazio per tocchi di fantasia, iniziale del nome punto cognome è perfetto...fa molto professional e sembra corrispondere a un nuovo atteggiamento verso la rete, alla presa di coscienza del computer anche come mezzo di lavoro.

Infine è necessario il nick name per l'iscrizione a siti di condivisione foto, video, insomma lo user i momenti di svago, e lì ci si sbizzarrisce, perchè ormai si domina il mezzo in modo assoluto...in questi casi il mio è Rincoprincess, trooooppo simpatico e che uso anche per il bluetooth del cellulare (quando riesco a capire come si accende, appunto perchè domino il mezzo...)

Ho paura che di qui a poco, comincerò ad avere crisi di identità...

Tuesday, June 10, 2008

Wheels of glory

L'altro giorno mi trovavo a raccontare, con grande contentezza degli astanti, della mia carriera sui pattini a rotelle.

Infatti prima di entrare nel magico e soddisfacente mondo del basket, ho fatto parte, anche se per poco, del mondo del pattinaggio.

Il primo paio di pattini che ho indossato, è stato quello da pattinaggio artistico, gli scarponcini bianchi con il tampone di gomma davanti e 4 ruote a due a due.
E' uno sport di fatica, disciplina, costanza, sacrificio e inoltre sarebbe più facile riuscirci se la corporatura aiutasse, con ginocchia forti e resistenti, un busto elastico e leggero, grazia, armonia ed equilibrio nelle braccia.
Questi pochi elementi mi avevano dato le prove che forse, anche se ero giovanissima e con una personalità atletica ancora poco sviluppata, non avevo le caratteristiche giuste per praticare al meglio questo sport.

Ma se la costanza nell'allenamento mi mancava, di certo potevo (posso?) contare su un'abbondante dose di testardaggine e orgoglio, che mi ha permesso di arrivare fino all'ultimo giorno della mia carriera rotante.
Pensandoci dopo tanti anni, il mio problema è stato di avanzamento professionale, per così dire. Infatti nel pattinaggio artistico, quando si padroneggia al meglio un certo salto o un certo passo, si passa al successivo, più complesso e basato sul precedente. Di conseguenza, se non sai fare un salto semplice, non sei in grado di eseguire un doppio salto; se non sai fare bene il seggiolino, non puoi fare bene la pipa.

Purtroppo il mio avanzamento professionale ha subito un grave trauma, dal quale non si è più ripreso. Un triste giorno infatti, durate un allenamento affollato in una palestra con le piastrelle sconnesse, è accaduto un incidente che ha decretato la fine della mia spinta agonistica e alla competizione: per cause mai accertate, mi sono ritrovata a percorrere 15 metri sulle ginocchia, e quando finalmente mi sono fermata ho riportato una distorsione alla caviglia e un livido gigantesco su una chiappa, oltre al danno irreparabile nel mio orgoglio.

Da quel giorno non sono mai più migliorata, non sono mai passata a salti più complessi del salto in avanti (cioè quello eseguito mentre stai andando, senza ulteriori acrobazie o cambiamenti di senso di marcia), e questo ha sancito la fine della mia breve carriera di pattinatrice. Pattinatrice artistica.

Perchè mai stanca di sconfitte e umiliazioni (evidentemente è qualcosa di innato, visto che ho iniziato sin da piccola), ho tentato la carriera di pattinatrice di velocità, ed è stato ancora peggio.
Se non avevo il fisico per eseguire salti leggiadri e mancavo di equilibrio per volteggiare aggraziatamente, era abbastanza ovvio che non avessi nemmeno le caratteristiche aerodinamiche per essere veloce: ricordo che invece di contare i giri di pista che facevo, contavo le volte che quelli bravi mi doppiavano...

E così, piano piano, la fiamma della passione per il pattinaggio agonistico si è spenta, lasciando il posto a quel falò che è la passione per la palla e il cesto...
Ma è stato un bene, dice mia mamma, che tu abbia fatto pattinaggio. Infatti una persona della tua stazz..., ehm, una persona con la tua corporatura, rischiava di essere sgraziata, pesante e senza equilibrio, invece tu...

Magra consolazione